Traumatologia scheletrica del gomito
Concetto fondamentale che mi preme ricordare a proposito del gomito traumatico è ottenere una osteosintesi anatomica e stabile tale da permettere immediata fisioterapia senza immobilizzazione. Nell’anziano quando la qualità dell’osso non consente, malgrado l’uso di placche con viti a stabilità angolare, di ottenere stabili osteosintesi è preferibile l’uso di artroprotesi semivincolate di ultima generazione.
Le rigidità strutturate che devono essere sottoposte ad artrolisi si aggrediscono prevalentemente per via posteriore. Sono interventi estremamente complessi che devono intraoperatoriamente condurre ad un risultato che nel periodo postoperatorio deve essere il più possibile conservato grazie alla collaborazione del paziente e del proprio fisioterapista, figura fondamentale in questo gioco di squadra.
Nelle fratture recenti l’approccio chirurgico è mediale. Si usano viti senza testa adatte al distretto scheletrico eventuaslmente associate a sottili fili di Kirschener. Il faro del trattamento come in tutto l’arto superiore è il movimento immediato eventualmente associato a farmaci analgesici in adeguata dose.
Nelle fratture recenti l’approccio chirurgico è mediale. Si usano viti senza testa adatte al distretto scheletrico eventuaslmente associate a sottili fili di Kirschener. Il faro del trattamento come in tutto l’arto superiore è il movimento immediato eventualmente associato a farmaci analgesici in adeguata dose.
Spesso il gomito postraumatico va incontro a problemi di rigidità articolare con la necessità di delicati interventi di artrorisi che devono assolutamente essere seguiti da fkt dedicata ma soprattutto da molta disponibilità da parte del pz. nel seguire, per quanto consentito dal dolore, il programma di movimento immediato auto assistito. Il caso presentato riguarda un giovane di 23 anni precedentemente trattato con osteosintesi con placca e viti a tenuta angolare per via posteriore e successiva immobilizzazione gessata per circa trenta gg con conseguente ritardo nell’inizio della fisioterapia ( Fig. 6 ). Giungeva alla mia osservazione con grossolana rigidità di gomito.
Fig. 6
Dopo circa un anno rimozione per via posteriore previo isolamento del n. radiale e n.ulnare della placca e viti e delle ossificazioni + ampia artrorisi posteriore ed anteriore e fisioterapia iniziata immediatamente auto assistita con ottimo recupero del ROM.
Da qualche anno a seguito di fratture del capitello radiale vengono impiantate protesi sostitutive del capitello radiale che nella mia esperienza hanno dato più problemi rispetto al trattamento con asportazione del capitello quando la frattura dello stesso non può essere né sintetizzata né trattata in maniera conservativa. La protesi di capitello infatti crea problemi di “troppo pieno“ per difficile scelta della taglia appropriata con evoluzione in rigidità e calcificazioni ( Fig. 7,8 ) e conseguenti gravi problemi di trattamento.
Personalmente ho impiantato protesi di capitello radiale solo nella così detta triade terribile costituita dalla associazione di frattura del capitello radiale con frattura della apofisi coronoide e con lesione del legamento collaterale laterale a seguito di lussazione del gomito.
Altre volte specie nell’anziano il gomito trattato in maniera inadeguata evolve in pseudoartrosi con grossolana limitazione funzionale per cui è indicato trattamento protesico. (Figure 9a,10,11,12,13,14)
Altre volte specie nell’anziano il gomito trattato in maniera inadeguata evolve in pseudoartrosi con grossolana limitazione funzionale per cui è indicato trattamento protesico. (Figure 9a,10,11,12,13,14)
L’esperienza sviluppata nel trattamento degli esiti traumatici delle fratture complesse dell’omero distale, ci permette di trattare al meglio casi difficili come il prossimo che vado ad illustrare.
Mostro adesso un caso di frattura complessa sovracondiloidea trattata altrove con osteosintesi con doppia placca e viti libere. Dopo circa sei mesi mancata consolidazione e rimozione parziale dei mezzi di sintesi per spanamento di molte viti per cui la situazione di partenza, per quanto mi riguarda, viene di seguito illustrata.
In sede di intervento la maggiore difficoltà si è incontrata nella rimozione dei mezzi di sintesi per permettere l’impianto di una protesi con ottimo risultato funzionale.
A distanza di circa un anno un controllo radiografico eseguito non mostrava problemi a carico dell’impianto protesico. Dopo qualche mese la Pz riferiva caduta accidentale con trauma al gomito destro apparentemente senza conseguenze immediate per cui eseguiva a circa quattro mesi dal trauma controllo radiografico che mostrava grave allentamento della componente omerale con sintomatologia algica ingravescente che induceva la Pz a rivolgersi nuovamente a noi.
In questi casi si preferisce trattamento dell’allentamento come fosse settico per cui oltre ad un monitoraggio settimanale preoperatorio degli indici di flogosi, si preferisce rimuovere la sola componente omerale conformando uno spaziatore antibiotato ed aspettare il risultato microbiologico della sonicazione delle componenti rimosse.
Solo quando i risultati della microbiologia escludono una componente settica, in questo caso a bassa aggressività , si può procedere al reimpianto della componente omerale.
In realtà la sintesi con doppia placca se bene eseguita ci permette di gestire al meglio con ottimi risultati funzionali casi complessi come quello che vado a mostrare.
Quando la frattura di gomito riguarda prevalentemente un compartimento si può optare per una placca singola come nel caso a seguire…
A proposito di pseudoartrosi mostro adesso un singolare caso di pseudoartrosi inveterata ( circa 15 anni ) del terzo medio di avambraccio con scarso disturbo funzionale a dispetto di un aspetto morfologico veramente singolare per la evidente deformità . Considerato che l’aspetto illustrato datava da circa 15 anni una ecografia nervosa preoperatoria metteva in evidenza una alterazione del decorso del nervo radiale e specie del n. interosseo posteriore alla arcata di Frhose che sottendeva lo stesso nervo provocando un pseudo neuroma da compressione pur in assenza di disturbi motori.
Per questo motivo, in sede di intervento, ho provveduto inizialmente all’isolamento del nervo radiale dal tronco comune fin ben distalmente all’arcata di Frhose e con lo stesso ampio accesso alla osteosintesi con placca e viti con stabilità angolare + fattori di crescita (PRP). A livello dell’ulna stesso trattamento però con accesso chirurgico dedicato.
Ottimo risultato con guarigione ottenuta in soli tre mesi. (Figure 22,23,24,25,26,27).
Altro caso di pseudoartrosi che interessa il terzo superiore di ulna plurioperato (Fig. a, b ) sottoposto a rimozione placca e autoinnesto da ala iliaca con placca LCP più lunga ed ottimo risultato funzionale conseguito in quattro mesi (Fig.c, d).
Da circa un anno in caso di osteosintesi dell’ulna prossimale preferisco usare la doppia placca contrapposta come nel caso seguente.
Sempre in tema di gomito traumatico infine ricordo la possibile complicanza, nel gomito giovanile postraumatico, di osteocondrite dissecante del capitulum humeri con formazione di area erosiva necrotica (Fig.28,29) senza o con corpo libero (Fig. 30) Nel secondo caso può essere utile asportare in artroscopia il corpo libero (Fig. 31) mentre nel primo caso si può consigliare trapianto osseo fresco da cadavere piuttosto che endoprotesi di rivestimento monocompartimentale esterna (soluzione estrema assolutamente da condividere in tutti gli aspetti con i giovani pz. e con i loro genitori ma alcune volte purtroppo obbligata).
Fig.28: osteocondrite dissecante del capitulum humeri
Fig.29: aspetto RMN con ampia zona necrotica
Fig.30
Fig.31