Protesica
L’aumento della vita media permette un maggior uso con conseguente incremento della degenerazione artrosica delle articolazioni più grandi e con maggior grado di libertà articolare (spalla) e delle articolazioni cimentate dalla gravità (anca e ginocchio) Quando l’artrosi diviene grave, il degrado della cartilagine articolare condiziona a tal punto la qualità di vita che, pur trattandosi di pazienti solitamente anziani con patologie associate di ordine internistico, si consiglia, se le condizioni generali lo permettono, l’intervento di sostituzione protesica dell’articolazione colpita.
Il costante e progressivo aumento degli interventi praticati per sostituzione protesica delle grandi articolazioni giustifica il tentativo, con queste poche e semplici informazioni, di fornire al Pz. candidato all’intervento di artroprotesi le raccomandazioni e rassicurazioni che di solito sono richieste e formulate al chirurgo di fiducia.
Raccomandazioni generali:
1) Fate una nota dei farmaci che assumete con il nome e la posologia degli stessi da consegnare all’atto della visita anestesiologica preoperatoria. Molto importante è sapere se, e con quale dosaggio, assumete farmaci che ritardano la coagulazione del sangue (aspirina, ticlopidina o simili, FANS, anticoagulanti)
2) Provvedete, il giorno prima della data fissata per il ricovero, alla accurata depilazione con lametta della zona candidata all’intervento e della pelle circostante compresa l’ascella nel caso della spalla e il pube per l’anca, facendo la massima attenzione a non procurare graffi o piccole ferite accidentali. Si consiglia di usare sapone da barba e di farsi aiutare dai propri familiari.
3) Avvisate tempestivamente il chirurgo di fiducia dell’eventuale comparsa di stati febbrili, infezioni dei tessuti intorno all’unghia (mani o piedi), situazioni infiammatorie del cavo orale, sinusiti e in genere di qualsiasi alterazione, anche giudicata da voi banale, dello stato di salute.
4) Provvedete all’acquisto nei negozi di articoli sanitari del tutore postoperatorio (nel caso di artroprotesi di spalla) o delle calze antitrombo (di solito monocollant) e dei bastoni canadesi consigliati (nel caso di artroprotesi di anca e ginocchio)
5) Se non siete pronti a collaborare con i medici ed i fisioterapisti che vi aiuteranno nella rieducazione postoperatoria non iniziate un cammino di per sé difficile che, senza collaborazione da parte del paziente, conduce inesorabilmente ad un insuccesso.
6) Le prime settimane postoperatorie sono a rischio di complicanza tromboembolica per cui oltre alla profilassi con Eparina e all’uso di calze antitrombo è fondamentale che siano eseguiti a letto, già nell’immmediato periodo postoperatorio, esercizi ad intervalli da eseguire dal lato sano e da quello operato per mantenere attiva la muscolatura ed evitare la stasi venosa mantenendo attività muscolare anche agli arti superiori. Fondamentali sono dunque esercizi di mobilizzazione immediata di caviglia e piede oltre ad adeguata ginnastica respiratoria come consigliato dai fisioterapisti.
Artroprotesi di ginocchio
Il ginocchio è una articolazione più facilmente aggredibile chirurgicamente rispetto all’ anca anche se questo vantaggio è compensato da una biomeccanica sicuramente più complessa. Le protesi di ginocchio vanno a rivestire la superficie articolare opportunamente preparata del femore e della tibia. Possono essere del tipo a cerniera o di tipo semivincolate con conservazione del legamento crociato posteriore (CR) o con sacrificio dello stesso e necessaria stabilizzazione posteriore (PS).
Quest’ultimo tipo di protesi è sicuramente la più usata e permette la risoluzione delle contratture inveterate in flessione causa , se mantenute, del fallimento dell’impianto protesico. In casi di artrosi localizzata prevalentemente all’interno (nella maggior parte dei casi) o all’esterno del ginocchio si preferisce usare protesi parziali o monocompartimentali con il rispetto di tutte le componenti ligamentose del ginocchio senza aprire i canali midollari di tibia e femore.
Fondamentale importanza assume il poter impiantare una protesi di dimensioni adatte a quel ginocchio che ricopra nella maniera più completa le superfici articolari per poter “ appoggiare “ sull’osso corticale senza debordare dallo stesso sia in direzione medio-laterale che antero-posteriore. Si pensa infatti che una delle possibili cause di protesi dolorose possa essere un non adeguato dimensionamento delle componenti protesiche per difficoltà a reperire nei cataloghi a disposizione taglie“ intermedie”. Un’altra causa di dolore può essere la rotula, che di solito non viene protesizzata ma “ ripulita “ dagli eventuali osteofiti. In ultimo causa di dolore può essere l’allentamento asettico di una delle componenti o di entrambe in risposta a un non adeguato rispetto dei concetti meccanici che guidano l’impianto di una protesi e l’orientamento nei tre piani dello spazio delle componenti. Il problema del dolore che può compromettere il risultato di una protesi correttamente impiantata e non infetta riguarda soprattutto il sesso femminile.
Senza causa apparente, nei mesi successivi ad un intervento di artroprotesi di ginocchio si ha il riscontro, in una percentuale elevata che arriva fino al 30 % dei casi, di sintomatologia dolorosa ribelle a trattamento , non particolarmente intensa ma sufficiente ad alimentare risposte di tipo ansioso-depressivo con dubbi in merito all’operato del chirurgo. In questi casi è utile eseguire esami ematochimici che devono escludere un incremento degli indici di flogosi mentre dubbio è il significato da dare alla scintigrafia come fedele espressione di intolleranza alla protesi impiantata. In effetti nei primi mesi postoperatori la scintigrafia scheletrica è sempre positiva anche se eseguita con leucociti marcati in quanto aspecifica espressione di risposta metabolica locale ossea all’impianto della protesi.
In realtà, massima importanza assume nel dubbio di colonizzazione microbica dell’impianto protesico, la eventuale ricerca di germi patogeni nel liquido sinoviale e non la sola positività della scintigrafia specie se astratta da un contesto clinico caratterizzato da segni di infezione. Esistono dunque delle protesi “ dolorose “ che tali rimangono anche dopo eventuale ripresa chirurgica se non giustificata da segni clinici e laboratoristici di infezione o da segni radiografici di scollamento delle componenti dall’osso. Ai primi segni di infezione purtroppo la principale cura consiste nel rimuovere la protesi e nel lasciare lo spazio occupato dalla stessa colmato con spaziatori antibioticati eventualmente parzialmente articolabili. Localmente si arriva in capo a circa sei settimane in media alla eradicazione dell’infezione confermata dalla negativizzazione degli indici di flogosi,condizione indispensabile per poter programmare un reimpianto.
In caso di accertata allergia ai metalli siamo costretti ad impiantare artroprotesi che le ditte sottopongono a trattamenti per ricoprire i normali materiali capaci di rilasciare ioni metallici.L’aspetto esterno di queste protesi anallergiche ricorda l’oro in analogia con il loro alto costo di produzione
Grave artrosi tricompartimentale con maggior sviluppo ospeofitosico al comparto mediale determinante una anchilosi ossea preoperatoria difficilmente aggredibile.
Quando, come in questo caso la qualità dell’osso tibiale è scarsa si preferisce inserire coni in tantalio che garantiscono un ottimo fit alla componente tibiale
Esempio di grave gonartrosi secondaria a danno settico pregresso con grave deficit di circolo in esiti di lussazione ginocchio plurioperata. Impianto in sede
Esempio di rara artrosi monocompartimentale femoro-rotulea posttraumatica. L’integrità degli altri due compartimenti ha indicato trattamento con protesi femoro-rotulea
L’esposizione chirurgica di un ginocchio protesico da revisionare può avvalersi del distacco e successiva reinserzione con viti della tuberosità tibiale.
A sinistra esempio di distacco della TTA .
A destra reimpianto senza distacco della TTA come facciamo di routine.
Allineamento Cinematico
Da qualche mese ho iniziato ad impiantare con una filosofia diversa le protesi totali di ginocchio. In questo campo la vera novità non è nei materiali quanto nel disegno biomeccanico della protesi e nel così detto tipo di allineamento che oggi definiamo “ cinematico “.
In realtà si tratta di un tentativo di ricostituire l’anatomia del femore distale nativo cioè come era prima della deformità artrosica partendo dal fatto che l’usura cartilaginea al massimo arriva a circa due millimetri mentre l’osso sottostante non si deforma.
Altro concetto è che l’usura dei condili femorali posteriori è trascurabile per cui in buona sostanza l’impianto protesico al femore distale dovrà avere un orientamento nei tre piani dello spazio esattamente uguale a come era prima della deformità artrosica. I tagli osteotomici del femore distale avranno uno spessore, misurato con un semplice calibro, esattamente uguale allo spessore della protesi. I legamenti non dovranno essere mai toccati o relisati e l’asse finale dell’arto sarà dipendente dal taglio tibiale che dovrà allinearsi nel piano frontale al taglio femorale. Non necessariamente otterremo alla fine del nostro intervento di sostituzione protesica del ginocchio un arto inferiore “ dritto “quanto un arto inferiore con sostituzione protesica che richiama il ginocchio nativo assolutamente non in asse meccanico perfetto.
Cercheremo in poche e semplici parole di “ mascherare “ alla sensazione del paziente portatore di protesi di ginocchio la parte plastica e metallica della stessa che contribuisce a percepire da parte del paziente la protesi impiantata come elemento estraneo alle proprie sensazioni precedenti.
In altre e spero semplici parole anche se ricreiamo un ginocchio “ storto “ nativo la protesi al posto della cartilagine malata e distrutta dall’artrosi toglie la sintomatologia dolorosa, il ginocchio è stabile e non dolente in tutti i gradi di flessione e la rotula viaggia perfettamente nel suo solco femorale senza causare dolori o tensioni o idrartri.
Questi concetti hanno permesso di provare a risolvere il problema della non completa soddisfazione di pz operati di protesi di ginocchio in contrasto con aspetti radiografici e clinici di completa soddisfazione invece da parte dei chirurghi operatori. In realtà il paziente torna al proprio ginocchio nativo senza dolore durante l’uso.
Da notare che la calibratura dei tagli con un semplice strumento presente in tutte le abitazioni può evitare di ricorrere alla navigazione o alla robotica nel tentativo di tornare al ginocchio nativo.
Questi concetti sono stati espressi per la prima volta da un collega americano di Sacramento in California di nome Stephen Howell nel 2007 ed oggi sono una realtà ancora non completamente accettata in tutte le divisioni ortopediche dedicate alla chirurgia protesica del ginocchio come se fosse difficile riconoscere che tutto quello fatto fino ad oggi è sostanzialmente basato su concetti in parte sbagliati.
Gli studi a dieci anni da questo tipo di impianto allineato in maniera cinematica hanno dimostrato lo stesso tipo di sopravvivenza di protesi allineate in modo meccanico con pazienti però nettamente più soddisfatti.
In altre parole con l’allineamento cinematico si cerca di rispettare l’anatomia del ginocchio nativo correggendo unicamente con l’impianto protesico l’usura cartilaginea che, oltre ad essere fonte di dolore, aumenta il difetto di asse. Ovviamente un ginocchio con morfotipo varo / valgo non dovrà essere corretto, se non parzialmente nel suo asse frontale nel pieno rispetto dell’asse di rotazione della rotula e della tibia sul femore.
L’anatomia e la biomeccanica ci hanno insegnato che il ginocchio si muove in tutti i piani articolari facendo “ perno “ sul compartimento mediale che in effetti ha due superfici a stretto contatto ( convessa la parte femorale e concava la parte tibiale ) Il compartimento esterno invece prevede un contatto molto limitato delle componenti ossee femorali e tibiali che permette ampi movimenti di flesso rotazione.
Le attuali protesi che da pochi mesi ma con piena soddisfazioni sto impiantando rispettano questi principi di biomeccanica articolare per cui prevedono un disegno protesico che riproduce il perno mediale ( pivot mediale ) a livello di inserto in polietilene lasciando libertà di movimento sul comparto laterale.
In definitiva possiamo dire chiaramente che l’allineamento cinematico, rivoluzionario nella sua semplicità ed efficacia, si sposa perfettamente con le protesi a pivot mediale nel tentativo di riprodurre con l’impianto protesico un ginocchio “ artificiale “ che cerca di modificare il meno possibile il ginocchio di partenza riducendo situazioni di disagio patite dai pazienti che, a dispetto di una protesi perfettamente allineata secondo concetti e parametri di tipo meccanico che soddisfano il chirurgo, sono in buona sostanza dolorose per fenomeni di trazione sulle parti molli piuttosto che per disassamenti parziali della rotula durante lo scorrimento sulla componente femorale.
Riassumendo si cerca con la protesi di riprodurre il femore distale nativo operando una sorta di resurfacing senza modifiche artificiose decise dal chirurgo e senza assolutamente toccare i ligamenti. Per fare questo occorre soltanto un banale calibro che permette semplicemente di togliere con i tagli osteotomici la stessa quantità di osso,intesa come spessore, dell’impianto protesico. Una volta riprodotto fedelmente il femore distale compensando solamente l’usura cartilaginea si provvederà ad “ adattare “ il taglio tibiale che, come nel ginocchio fisiologico, sarà inclinato in varo per adattarsi al femore distale orientato in valgo.
L’asse di carico finale sarà dunque poco corretto rispetto alla partenza ma senza dolore e con una sensazione di stabilità che è presente in tutto l’arco di movimento del ginocchio soprattutto nella media flessione.
Dovremo dunque abituarci a vedere Rx postoperatorie che appaiono inclinate in varo ( COME IL GINOCCHIO NATIVO ) con una usura della parte plastica della protesi ( inserto tibiale ) assolutamente trascurabile rispetto alle protesi allineate con concetti di tipo meccanico ma come già detto, con pazienti che non accusano difficoltà nel salire o scendere le scale per instabilità in media flessione e che non riferiscono dolori anteriori di ginocchio e non vanno incontro alla formazione di idrartri reattivi recidivanti.
Gli studi a dieci anni su un alto numero di pazienti ci dicono che l’allineamento in varo della componente tibiale non porta assolutamente ad un aumento dell’usura in protesi allineate cinematicamente.
Ovviamente lo stesso non si può affermare per protesi di vecchia concezione stabilizzate posteriormente ed allineate secondo concetti meccanici.
Il tentativo alla base dell’allineamento cinematico è quello di modificare il meno possibile l’anatomia e di conseguenza la biomeccanica del ginocchio sottoposto ad impianto di protesi di ginocchio. L’allineamento cinematico va quasi obbligatoriamente a sposarsi con protesi concepite per ricreare la stessa biomeccanica del ginocchio anatomico. In effetti oltre alla interlinea articolare vara il ginocchio ha una conformazione anatomica che prevede una sorta di perno mediale centrato sul compartimento mediale dove la stabilità oltre che dai legamenti e dai menischi è conseguenza di superfici concave ( piatto tibiale mediale ) che si articolano strettamente con superfici convesse ( condilo femorale mediale ) costituendo una sorta di pivot
mediale che permette una sorta di flesso traslazione del comparto laterale che conseguentemente ha un menisco mobile che asseconda il così detto roll back del condilo femorale laterale con legamenti laterali che, a differenza dei mediali, permettono un certo grado di apertura del comparto laterale del ginocchio.
La nostra protesi dovrà prevedere questa cinematica per cui sarà dotata di un inserto in polietilene tra le due componenti metalliche conformato fortemente concavo medialmente e sostanzialmente piatto lateralmente per permettere il roll back fisiologico del condilo femorale laterale.
Queste protesi a “ pivot mediale “ erano state introdotte a prescindere dal tipo di allineamento ma in realtà con l’affermarsi dell’allineamento cinematico si complementano perfettamente con la filosofia alla base dell’allineamento cinematico.