Il miglioramento delle metodiche di indagine associato alla positiva esperienza chirurgica in termine di ottimi risultati conseguiti in relativo breve lasso temporale ha permesso di far crescere di molto e con ritmi diventati vertiginosi negli ultimi anni, l’indicazione al trattamento chirurgico, anche in età avanzata, della lesione della cuffia dei rotatori di spalla.

Finalmente spero sarà abbandonato l’abusato termine di “periartrite” sotto cui venivano accomunati i disturbi di tipo prevalentemente degenerativo/infiammatorio della spalla. L’affermarsi di tecniche artroscopiche prima sul versante diagnostico e poi su quello chirurgico ha dato nuovo impulso ad una sorta di nuova anatomia funzionale per arrivare ad individuare strutture cardine per il buon funzionamento della spalla che devono essere indagate con una diagnostica di immagine fine e mirata per confermare il dato clinico e permettere al chirurgo una corretta indicazione al trattamento.

L’interventismo nella chirurgia di spalla, convenzionale piuttosto che artroscopica o in miniinvasività, oltre che dai buoni risultati, è alimentato anche dai brevi tempi di degenza e dalla bassa incidenza di complicazioni postoperatorie. Inoltre sono in netto aumento le possibilità di operare in anestesia locoregionale che associata ad una blanda sedazione farmacologica permetterà in breve tempo di operare la spalla in regime di Day Surgery.

Trattamento chirurgico della lesione della cuffia dei rotatori

Note di anatomia: La cuffia dei rotatori è costituita dall’insieme dei tendini che permettono l’ampio grado di libertà di movimento tipico della spalla. Come una cuffia ricopre la testa così l’insieme di questi quattro tendini ricopre e riveste la testa omerale. Specie nei movimenti di elevazione della spalla i tendini della cuffia stabilizzano la testa omerale “centrandola” nella glena scapolare opponendosi così alla forza del muscolo deltoide che tenderebbe a spostare verso l’alto la testa omerale. Il ruolo dei tendini della cuffia dei rotatori diventa quindi sia di motore attivo, insieme al deltoide, sia di stabilizzatore passivo.

Questo fa ben comprendere come una lesione a carico della cuffia sia in grado di alterare profondamente ed in maniera ingravescente il normale movimento della spalla.
E’ opportuno ricordare che nel soggetto anziano quasi mai la lesione e’ conseguenza di un trauma quanto di una usura eccessiva delle porzioni di cuffia più sollecitate. Condizioni anatomiche di restringimento dello spazio entro cui sono obbligati a scorrere i tendini, durante il normale uso funzionale della spalla, sono capaci di creare una situazione reattiva infiammatoria locale caratterizzata dal dolore.
Se si compensa solo il sintomo dolore senza rimuovere le cause si apre la strada ad un peggioramento dell’usura tendinea che conduce inevitabilmente alla lesione degenerativa ingravescente della cuffia dei rotatori.

Note di sintomatologia: Le lesioni di cuffia interessano una popolazione di solito senile a partire dalla sesta decade di vita prevalentemente nel sesso femminile. Tipica è la storia di ripetute crisi algiche, etichettate come periartrite e trattate con infiltrazioni steroidee, che specie nelle ore notturne disturbano il paziente con progressiva limitazione dei movimenti di elevazione della spalla. Classica è la difficoltà riferita nel pettinarsi o nel togliersi la giacca quando si deve combinare il movimento di elevazione con quello di rotazione esterna.
La valutazione clinica permetterà un approfondimento diagnostico che si basa sull’esame radiografico integrato da ecografia ed eventuale risonanza magnetica.
Come si stanno “formando” chirurghi con esperienza più selettiva nei confronti della spalla e dell’arto superiore in genere così stiamo assistendo alla formazione di una categoria di radiologi “dedicati “ al muscoloscheletrico ed alla spalla in particolare. Considerata la complessa anatomia funzionale della spalla penso che a breve si andrà a formare una categoria di fisioterapisti dedicati che interfacciando con il chirurgo andranno nel postoperatorio a limitare i compensi funzionali messi in opera dai pazienti per cercare, malgrado il deficit di elevazione della spalla, di condurre una quasi normale vita relazionale.

Note di trattamento chirurgico: Scopo del trattamento chirurgico è compensare il dolore cercando di restituire il massimo della funzione. L’intervento si prefigge anche di evitare il peggioramento delle altre strutture tendinee limitrofe diminuendo condizioni locali di attrito. Ne consegue che una volta fatta diagnosi di lesione di cuffia prima si opera e più esistono possibilità di ottenere un buon risultato.
L’intervento può essere eseguito in artroscopia cioè interamente a cielo coperto o con accessi convenzionali limitati. La miniinvasività nel caso di accesso convenzionale si traduce oltre che in una cicatrice la più breve ed estetica possibile, soprattutto in una condotta chirurgica di risparmio delle strutture anatomiche fondamentali per la funzione che permette di far iniziare immediatamente il movimento con tempi riabilitativi assolutamente sovrapponibili alle tecniche unicamente artroscopiche.

Quando la lesione di cuffia è inveterata si ha una retrazione del moncone tendineo verso il ventre muscolare che, non più  sollecitato funzionalmente, andrà incontro ad una degenerazione con netta diminuzione delle capacità contrattili e trasformazione del tessuto muscolare in tessuto fibroadiposo. Questa situazione comporta sia una difficoltà intraoperatoria nel compensare la retrazione tendinea per cercare di reinserire nel punto originario il tendine sia una scarsa efficienza della unità muscolotendinea eventualmente riparata per la segnalata degenerazione fibroadiposa muscolare.

Preferisco nelle lesioni degenerative di cuffia utilizzare la tecnica miniinvasiva con il così detto accesso in miniopen che permette una riparazione il più vicino possibile all’anatomia con rispetto della componente biologica riparativa dei tendini. Con accesso cutaneo di circa tre cm specie su soggetti magri si arriva sulla cuffia facendosi strada tra deltoide anteriore e medio.

Dopo aver rimosso la borsa sierosa infiammata si procede ad aumentare lo spazio occupato dalla cuffia tra acromion e testa dell’omero con l’asportazione contenuta della parte inferiore dell’acromion quando questo, curvato quasi ad uncino, restringe lo spazio subacromiale. Questo tempo chirurgico, quasi sempre necessario, permette di diminuire quei fenomeni di attrito che hanno provocato nel tempo l’usura della cuffia.

Giunti sulla cuffia si fa un bilancio di lesione e delle possibilità riparative cercando di valutare l’entità della retrazione presente e quanto questa persista dopo opportune manovre di sbrigliamento per cercare di recuperare al più possibile tessuto tendineo, di difficile esecuzione in artroscopia.
Il concetto che guida il chirurgo è quello di non eseguire reinserzioni chirurgiche in tensione in quanto gravate da una alta incidenza di fallimento. Si traccia e si ricava dunque in prossimità della originaria inserzione tendinea una sorta di trincea ossea in cui far arrivare i lembi di cuffia sottesi a fili di sutura idonei.

Le foto ed i video seguenti dimostrano come, pur con accesso chirurgico contenuto ( circa tre cm ) si riesca ad armare con fili di sutura dedicati la parte tendinea disinserita che appare completamente mobilizzabile permettendo una reinserzione NON in tensione in trincea ossea ricavata nella testa a livello del primitivo punto di inserzione (foot print)

Mini Open: La reinserzione avviene su trincea ossea sanguinante nella zona anatomica di distacco
con ampia superficie di contatto tra tendine ed osso che garantisce la bontà della riparazione e bassa percentuale di recidiva.

Artroscopia: Reinserzione con ancore artroscopiche e
conseguente modesta superficie di contatto e scarso
sanguinamento con alta percentuale di recidiva.

In questa maniera si riuscirà ad ottenere un’ ampia superficie di contatto tra tendine ed osso che garantisce sia meccanicamente sia biologicamente una evoluzione favorevole della reinserzione come i controlli in RM della spalla operata a distanza dimostrano.

E’ ovvio che trattandosi di lesioni su base degenerativa e solo raramente traumatica, qualsiasi tipo di reinserzione è gravata da una percentuale di recidiva che dipende da vari fattori ( tecnica ed esperienza del chirurgo, collaborazione del pz, stato degenerativo e grado di retrazione della cuffia al momento dell’intervento )

Indubbiamente con la tecnica Mini Open rispetto alle tecniche artroscopiche il postoperatorio è meno doloroso con risultati molto incoraggianti peraltro conseguiti in breve tempo con semplici esercizi facilmente insegnabili da terapisti dedicati e con percentuali di recidiva assolutamente inferiori rispetto alle tecniche artroscopiche.

Il video dimostra l’ampia mobilizzazione preparata della cuffia sottesa ai fili di ancoraggio

Si vede come la reinserzione avviene NON IN TENSIONE  in quanto con una modesta trazione, pur mobilizzando ampiamente la spalla, la reinserzione saggiata appare molto stabile

Nelle lesioni degenerative di cuffia infine si determina sempre una instabilità del tendine del capo lungo del bicipite nel solco anatomico tra le due tuberosità della testa omerale; questo determina una condizione dolorosa che giustifica come atto chirurgico complementare il distacco del tendine dalla sua inserzione alla glena scapolare quando l’età del soggetto e le condizioni anatomiche locali lo indichino.

Trattamento postoperatorio: Basilare è considerare la spalla, intesa come insieme di più articolazioni, non come complesso articolare isolato quanto integrata insieme al gomito, polso e mano nella funzione dell’arto superiore. La rieducazione dovrà infatti considerare sempre complessivamente l’arto superiore piuttosto che singoli distretti di esso. Fondamentale è una tecnica chirurgica che non offenda i tessuti più nobili da un punto di vista funzionale e che elimini le fonti anatomiche di dolore. Da ciò deriva il rispetto massimo per il muscolo deltoide, l’asportazione accurata della borsa sottoacromiondeltoidea, il distacco del tendine del bicipite, l’asportazione di lembi peduncolati di cuffia rimasti inseriti perifericamente.

La rieducazione inizia il giorno stesso dell’intervento eventualmente integrata con farmaci contro il dolore e sarà prevalentemente passiva o autoassistita nel primo periodo postoperatorio stabilito in base al tipo di lesione e alla qualità della eventuale reinserzione. Una cuffia reinserita con tecnica miniopen o artroscopica non può essere sollecitata in maniera attiva nei primi due mesi postoperatori. Nel frattempo però la rieducazione deve garantire una libertà articolare di tutte le articolazioni della spalla ed un uso funzionale corretto dei gruppi muscolari coinvolti sia nel fisiologico movimento sia negli eventuali compensi funzionali sfruttati dai pazienti per riuscire almeno parzialmente ad elevare l’arto superiore in presenza di lesione di cuffia.

Nel post operatorio non è indispensabile l’uso di un tutore, quanto evitare nei primi trenta giorni movimenti attivi del cingolo scapolare, grazie al contenimento dato da un bendaggio di maglia elastica. È fondamentale invece la mobilizzazione passiva in tutti i piani articolari, esclusa la extrarotazione, con l’aiuto dell’altro braccio in autoassistenza o con la collaborazione di un’altra persona. Tale mobilizzazione deve iniziare nelle prime ore post operatorie, malgrado l’eventuale sintomatologia algica presente, per elasticizzare al massimo i tessuti ed impedire fenomeni aderenziali.

Dopo i primi trenta giorni inizierà una fase rieducativa caratterizzata dall’inizio del movimento attivo e graduale dell’arto superiore, iniziando con l’elevazione contro gravità a soggetto supino per conseguire una graduale articolarità completa in tutti i piani. I risultati nel trattamento delle lesioni massive di cuffia su base degenerativa sono ottenuti e garantiti sul dolore e sul guadagno funzionale articolare, mentre il recupero della forza in elevazione sopra la linea dell’orizzonte necessita di maggior tempo riabilitativo. La lesione di cuffia non trattata porta ad una risalita della testa omerale non più centrata sulla glena scapolare dai tendini della cuffia e traslata superiormente dall’azione del deltoide.

Questa situazione biomeccanica estremamente sfavorevole porta ad una artrosi evolutiva dell’articolazione scapolomerale definita “eccentrica” classica della lesione inveterata di cuffia, che può essere trattata solo con l’impianto di una artroprotresi di spalla ad articolarità invertita.