Definiamo due grandi capitoli: la microinstabilità che si presenta in assenza di un trauma pregresso su un tessuto caratterizzato da iperlassità, classica delle donne giovani e la macroinstabilità in esiti di lussazione scapolomerale, tipica del giovane maschio.
La microinstabilità
può determinare la formazione di calcificazioni inserzionali del tendine sovraspinato in quanto il movimento continuo della testa omerale non opportunamente “ centrata “ a livello della glena scapolare determina un cimento meccanico continuativo a carico delle strutture tendinee della cuffia dei rotatori e segnatamente del tendine sovraspinato che reagisce all’insulto meccanico continuativo con una degenerazione delle fibre capace di trasformarle in tessuto similcalcifico.
La formazione di tale tessuto espressione della degenerazione del tendine diventa dolente e spinge queste giovani pazienti a cercare rimedio alla sintomatologia. Il trattamento causale è volto a compensare la segnalata lassità e prevede l’insegnamento di esercizi volti a rinforzare i muscoli centratori della testa omerale.Se dopo adeguato periodo riabilitativo ( circa sei mesi ) i risultati non sono soddisfacenti può essere consigliata una valutazione artroscopica della spalla interessata.
La macroinstabilità
E’ la conseguenza di un episodio di lussazione traumatica della spalla, nella massima parte dei casi anteriore, per cui, in conseguenza di una lesione anatomica del cercine glenoideo fibrocartilagineo (formazione che aumenta la superficie di contatto tra testa omerale e glena scapolare) si determina una lussazione recidivante della spalla anche in seguito a movimenti banali che appartengono alla gestualità quotidiana. Ad ogni episodio di lussazione consegue un danno anatomico alla testa omerale capace, se la situazione non viene modificata con un intervento chirurgico, di dare un danno permanente alla articolazione favorendo fenomeni di degenerazione artrosica precoce.
Se la situazione anatomica non è gravemente alterata (in genere dopo pochi episodi di lussazione) si preferisce reinserire in artroscopia, con l’uso di apposite” ancorette” in titanio, il cercine staccato dal primo episodio di lussazione. Questa metodica è gravata da una percentuale di recidiva di lussazione sicuramente maggiore rispetto alla tecnica aperta ritenuta universalmente oggi il gold standard del trattamento della instabilità anteriore postraumatica e cioè la
tecnica definita di Latarjet.
Si tratta di una tecnica che si esegue con una piccola incisione deltoideo-pettorale attraverso la quale si distacca fino alla base la coracoide mantenendo le inserzioni tendinee e la si traspone sul collo scapolare in corrispondenza del cercine staccato (di solito in regione antero-inferiore) ad aumentare la superficie della glena senza assolutamente creare “scalini“ rispetto al piano della glena.
Preferisco fissare saldamente con due viti in titanio che normalmente vengono usate nella traumatologia dello scafoide (Herbert,viti di Bold o simili) la coracoide trasposta per far muovere immediatamante la spalla operata che nel postoperatorio è gestita con un banale foulard nelle prime due settimane. Se la sintesi della coracoide trasposta è stabile il recupero della articolarità è rapido e completo in circa sei settimane con un netto guadagno rispetto ai tempi di immobilizzazione postoperatoria della tecnica artroscopica. Di regola e specialmente negli atleti agonisti o semiprofessionisti che svolgono sports di contatto, faccio eseguire a distanza di tre mesi dall’intervento una TC che mi permette di valutare la consolidazione della coracoide trasposta e l’eventuale riassorbimento osseo piuttosto che la tenuta delle viti. Altro aspetto che mi fa preferire nella maggior parte dei casi la tecnica di Latarjet è che variando l’inserzione dei muscoli coracobrachiali essi vanno in tensione costituendo una sorta di protezione attiva antilussante quando la spalla è atteggiata in abduzione-extrarotazione cioè in posizione da mettere la stessa a rischio di lussazione anteriore.